I sistemi di teleraffreddamento nelle trasformazioni urbane

L’estate 2023 è stata la più calda delle nostre vite, almeno fino ad ora. Mentre l’Europa continua a scaldarsi quasi due volte più rapidamente rispetto alla media globale, abbiamo bisogno di riprogettare sia le nostre città, per mitigare le future ondate di calore, sia i sistemi di raffrescamento, per abbassare le temperature degli ambienti chiusi in modo più sostenibile. Copenaghen raggiunge questo doppio obiettivo con un’unica soluzione: il teleraffreddamento (o teleraffrescamento) che funziona con l’acqua del mare.

Ad avviare questo progetto nella capitale danese già nel 2009 è stata HOFOR – Greater Copenaghen Utility, la maggiore società di fornitura di servizi in Danimarca, per il settantatré per cento di proprietà della città di Copenaghen. Fondata nel 2001, HOFOR ha da subito abbracciato la missione della sostenibilità urbana e, ad esempio, grazie al riammodernamento del sistema fognario cittadino, ha migliorato la qualità delle acque del porto, fino a una quindicina di anni fa gravemente inquinate e oggi servite da alcune strutture balneari pubbliche.

Rispetto ad altri Paesi, come Giappone e Stati Uniti, l’Europa ha una minore propensione a installare sistemi di condizionamento, che comunque sono fortemente aumentati nel corso degli anni. Rispetto al 1979, nel 2022 i giorni dell’anno in cui è stato necessario ricorrere all’aria condizionata sono aumentati di quattro volte. Ma, se da una parte i sistemi di condizionamento rendono tollerabili le temperature sempre più elevate, dall’altra contribuiscono alle cause del riscaldamento globale in quanto molti condizionatori comportano elevati consumi di elettricità, che viene di norma ancora prodotta a partire dai combustibili fossili. In secondo luogo, i condizionatori tradizionali funzionano grazie a gas refrigeranti come gli idrofluorocarburi, che sono potenti gas a effetto serra capaci di riscaldare l’atmosfera con intensità significativamente maggiore rispetto all’anidride carbonica (CO2) e, come previsto dalle nuove norme approvate quest’anno dal Parlamento europeo, l’uso di idrofluorocarburi e di altri gas fluorurati a effetto serra sarà gradualmente eliminato entro il 2050.

Le alternative pulite per il raffreddamento domestico e industriale esistono e tra queste è inserito anche il teleraffreddamento. Il funzionamento è simile a quello del teleriscaldamento: in questo caso gli ambienti vengono riscaldati grazie alla distribuzione, attraverso apposite reti di tubature, di acqua riscaldata, che poi ritorna alla centrale di produzione. Nel teleraffrescamento, invece, a viaggiare nel circuito chiuso di tubature è acqua raffreddata che, quando sale di temperatura e torna nell’impianto di raffreddamento, viene nuovamente refrigerata e mandata in circolo.

Il sistema di teleraffrescamento sviluppato da HOFOR a Copenaghen e dintorni, a complemento del già efficiente sistema di teleriscaldamento, funziona con acqua di mare pompata dal porto cittadino. In inverno la sua temperatura è di massimo sei gradi centigradi, dunque può essere immessa direttamente nel sistema di raffrescamento a servizio delle strutture che hanno bisogno di essere raffreddate tutto l’anno, come le server farm. In questo caso il sistema di raffrescamento è davvero a emissioni zero. In estate, invece, quando l’acqua del mare non è sufficientemente fredda, bisogna consumare dell’energia per refrigerarla prima di distribuirla tramite la rete di tubature isolate sotterranee. Ciò avviene sfruttando il calore in eccesso proveniente dalle centrali elettriche, un surplus che grazie a particolari sistemi (chiamati gruppi frigoriferi ad assorbimento) può essere utilizzato appunto per raffreddare. In alternativa, sono presenti anche compressori alimentati da energia elettrica. Secondo dati HOFOR del 2014, questo sistema di teleraffreddamento, rispetto a un sistema tradizionale, riduceva le emissioni di CO2 del settanta per cento e la spesa per l’elettricità del quaranta per cento. Nel 2023 a Copenaghen erano circa 8.500 (il 112,5 per cento in più rispetto al 2018, su un totale di meno di ventiquattromila) le stanze di hotel rinfrescante grazie all’acqua di mare, un sistema già utilizzato anche da diverse banche, musei e centri commerciali.

C’è inoltre un vantaggio legato all’abitabilità urbana. I condizionatori tradizionali, oltre a essere rumorosi, occupano i tetti degli edifici. Con il teleraffreddamento, invece, quegli spazi possono essere recuperati e resi orti urbani, terrazze all’aperto oppure coperture verdi, tutte soluzioni che rendono le città più vivibili e che possono anche garantire un migliore isolamento termico dell’edificio.

Rispetto a un sistema di raffrescamento tradizionale, il teleraffrescamento richiede meno energia, comporta meno emissioni ed è più efficiente. L’impatto complessivo sul clima e sull’ambiente, però, dipende anche da che tipo di energia viene usata per abbassare la temperatura dell’acqua. Nel momento in cui quest’ultima non ha bisogno di essere refrigerata o viene refrigerata usando energia rinnovabile, il sistema è chiaramente più sostenibile dal punto di vista ambientale e comporta un taglio più significativo di emissioni climalteranti.

Secondo un recente report del Gse (Gestore servizi energetici), in Italia i sistemi di teleraffrescamento non sono ancora molto diffusi e nella totalità dei casi sono associati a sistemi di teleriscaldamento, che sono invece una realtà più consolidata. A fine 2020 risultavano in esercizio trenta reti di teleraffrescamento e i comuni in cui esisteva almeno un sistema di questo tipo erano ventisette, distribuiti in nove regioni e province autonome del centro e nord Italia, metà della quale si concentra nella sola Lombardia. Qui la refrigerazione avviene in impianti centralizzati (quarantasette per cento dei casi) oppure direttamente presso le utenze (cinquantatré per cento) sfruttando energia elettrica o termica al novanta per cento prodotta da fonti fossili, mentre il restante dieci per cento da fonti rinnovabili. La situazione non è molto diversa se si considerano sia i sistemi di teleriscaldamento sia quelli di teleraffrescamento: secondo i dati del GSE, su un totale di poco meno di trecentoquaranta impianti in tutta Italia la maggior parte (ottantadue per cento della potenza) è alimentata da fonti fossili.

Nonostante ciò, la maggior parte dei sistemi di teleriscaldamento (settantadue per cento) e teleraffrescamento (66,6 per cento) italiani sono considerati efficienti in base ai criteri previsti dalle leggi vigenti. La loro maggior diffusione in futuro è uno dei punti inclusi nel Piano nazionale integrato per l’energia e il clima (Pniec) al fine di raggiungere gli obiettivi nazionali di sviluppo sostenibile e risparmio energetico. Anche il Pnrr si è mosso in questa direzione, con duecento milioni di euro stanziati per lo sviluppo di sistemi di teleriscadamento. Tutti i sistemi di teleraffrescamento italiani fino a oggi sono stati realizzati sfruttando le infrastrutture e le reti di distribuzione già esistenti; dunque, sviluppare ulteriormente i sistemi di teleriscaldamento, la cui tecnologia è più consolidata, potrebbe favorire in futuro la creazione di sistemi complementari di teleraffrescamento.

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