Cedolare sui negozi: pesano i limiti sui contratti

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Tutte rigorosamente con il modello “Rli” cartaceo consegnato a mano agli uffici delle Entrate,
arrivano le prime opzioni per la cedolare secca sugli affitti dei negozi. Il software va aggiornato
e la registrazione online ancora venerdì scorso non era disponibile. Ma non è certo questa la
difficoltà maggiore per chi è interessato a sfruttare la tassa flat al 21% sulle locazioni
commerciali prevista dalla legge di Bilancio 2019 (comma 59 della legge 145/2018). Anzi, per
alcuni locatori poco pratici del web, la procedura allo sportello può essere persino una
comodità. Gli ostacoli sono disseminati lungo il testo di una norma che, da un lato, introduce
l’imposta sostitutiva e, dall’altro, ne limita parecchio l’ambito applicativo. Così da ridurre la
platea dei beneficiari ben al di sotto dei potenziali 770 mila negozi di proprietà di privati che
risultano sfitti.

La cedolare sulle locazioni commerciali è riservata ai soli contratti stipulati da quest’anno, da locatori
persone fisiche che non esercitano nell’ambito di un’attività d’impresa o
professionale. I locali devono essere in categoria catastale C/1, di superficie fino a 600
metri quadrati. Il requisito dimensionale non pare un grosso problema: la superficie media – da
Statistiche catastali – è poco sopra i 73 metri quadrati. Per il resto conta il dato catastale,
quindi sono ammessi anche bar, ristoranti, panetterie, botteghe artigiane, orologiai, barbieri e
tutti gli altri locali iscritti in C/1. Escluse invece le altre categorie, dalla A/10 (uffici) alla C/3
(laboratori).

Finora non abbiamo registrato assalti alla nuova misura, ma c’è senz’altro molto interesse.
Del resto serve tempo perché i proprietari assimilino il meccanismo.
Negli ultimi anni il numero dei contratti di locazione ad uso diverso registrati ogni 12 mesi è
rimasto costante a quota 370 mila (Rapporto immobiliare Omi 2018). Escludendo i locali di
persone giuridiche e di categoria diversa da C/1, si può stimare che ogni anno i nuovi contratti siano poco sopra i 100 mila. Per avere un confronto, la cedolare sulle abitazioni è stata scelta nel 2018 da oltre 2 milioni di contribuenti.

Nel frattempo, oltre alle restrizioni di legge, i locatori devono affrontare diverse incertezze
applicative. Nel pretendere che il contratto stipulato nel 2019 sia nuovo, la norma esclude gli
affitti già in corso al 15 ottobre dell’anno scorso, tra le stesse parti per lo stesso immobile, e
poi risolti in anticipo. Non ci sono ancora istruzioni ufficiali che riguardano le scadenze
“naturali”. Così come riguardo le parti/intestatari: dove la legge ha voluto allargare la nozione a soggetti “riconducibili” o “controllati” l’ha detto in modo esplicito, ad esempio per il nuovo forfait.

Si è posto anche il problema dell’inquilino: può essere un imprenditore o una società? È stato
segnalato che alcuni uffici dell’Agenzia hanno inizialmente detto di no – salvo poi
tornare sui propri passi – tentando di riproporre la tesi restrittiva già sostenuta per le case (e
bocciata da diversi giudici, si veda su tutte la sentenza Ctr Lombardia 754/19/2016). D’altra
parte, la norma non detta limiti per gli inquilini, ed escludere gli imprenditori sarebbe un
controsenso.

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